DOMENICO “PLAYBOY” MAROCCHINO. IL TORNANTE CHE NON TORNAVA

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Pensavo fosse buono invece era un calesse
Puntata numero 15
DOMENICO MAROCCHINO
(Vercelli, 5 Maggio 1957)

Ruolo: Tornante che non torna
Transito Blucerchiato: 1983-84
Presenze: 14
Fischiometro: 7 decibel pari ad uno sbuffo di Marlboro, ad un bacio soffiato.

Domenico Marocchino fu una grande promessa del calcio italiano, non mantenuta fino in fondo e che ovviamente si spense del tutto dopo l’arrivo in casa Sampdoria.

Il Marocco approdò a Genova quando l’ossatura della squadra strabiliante messa in piedi, pezzo dopo pezzo, dall’inarrivabile Paolo Mantovani si stava completando.

Marocchino fu la ciliegina sulla torta di un calciomercato che vide il ritorno a Genova dello Zar Vierchowod e l’arrivo di Fausto Pari, per fare due esempi. Domenico era in cerca di riscatto dopo il naufragio della sua avventura in bianconero. O almeno così osavano sperare coloro i quali curavano gli interessi del giocatore.

Probabilmente quell’anno il buon vecchio Ulivieri dedicò gran parte delle proprie colorite imprecazioni in toscano a tentare di redimere sportivamente chi ormai aveva già rinunciato ad essere campione.

Le cronache della sua vita, infatti, riportano di un giovane spensierato che amava far tardi la notte in compagnia delle sue Marlboro Red e soprattutto di belle donnine ammaliate dal suo status di calciatore. Narrano le leggende europee che, dopo l’atterraggio all’aeroporto di Varsavia in vista di una partita di coppa contro il Widzew Lodz, venne accolto da un manipolo di polacche avvenenti recanti lo striscione “Marocchino, vieni a ballare con noi in discoteca”… e del calciatore vercellese non si seppe più nulla per le successive 36 ore.

Un incrocio fra Adriano, Hubner e Balotelli… però simpatico.

Il problema fu, per lui ma anche per noi, che tutto questo carattere adolescenziale emergeva anche nella sua personale visione dell’essere calciatore. Era il tipico ottimo tornante, quasi un fenomeno si sarebbe definito a vederlo durante gli allenamenti, capace di saltare tre giocatori ma poi, dopo aver perso la palla, era solito arrestarsi senza pudore vicino alla linea di fondo chino ed ansimante.

Trapattoni, in questo senso, lo ricordò più e più volte nelle proprie preghiere vespertine. Santin, il suo ultimo allenatore a Bologna, chiuse invece il conto con una feroce scazzottata da Bar.

Ulivieri, dal canto suo, lo seppellì in panchina dopo poche prove deludenti e soprattutto dopo aver visto quanto rumoreggiassero incarogniti distinti e tribuna ad ogni sua patetica sosta per riprendere fiato.

Oggi Marocchino, che si ritirò dal calcio che conta a soli trent’anni, vive ancora nel mondo del pallone, fra comparsate televisive e panchine in squadre minori. L’unica, vera passione capace di incendiare la sua vita è rimasta la disco polacca: quando riesce a concedersi qualche giorno di vacanza vola in quel di Varsavia per darsi ai balli più scatenati dimenticando quello che avrebbe potuto essere ma che non fu mai…

 

Autore

SampGeneration

Il blog della Sampdoria

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