ZORAN JOVICIC, LA PUNTA PIU’ AMATA DAGLI ORTOPEDICI

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Torna Pensavo fosse buono invece era un Calesse, la miglior rubrica che racconta le bidonate che hanno (più o meno) simpaticamente funestato le pagine della storia blucerchiata.

Puntata n.18 
ZORAN JOVICIC
(Belgrado, 17 aprile 1973)

Ruolo: Cavia per Ortopedici
Transito Blucerchiato: 1998 -2003
Presenze: 49.
Reti: 10
Fischiometro: 24 khz, pari all’ultrasuono emesso dal mugugno di rimpianto ancora aleggiante fra la tifoseria che non dimentica, che non può dimenticare.

Alcuni fra di noi ricordano ancora quella primavera di quasi vent’anni fa in cui fu acquistato Zoran Jovicic dalla presidenza Enrico Mantovani. Allora, come oggi, i calciatori provenienti dai Balcani erano attesi dai tifosi con aspettative quasi religiose e quindi limitrofe a quelle del Popolo che anela il Dio scendente in terra. Le esperienze di Savicevic, Boban ed altri giocatori dell’ex Jugoslavia facevano brillare gli occhi ai più, dal momento che quella terra avida di tranquillità è sempre stata allo stesso tempo gravida di talenti calcistici cristallini.

Zoran, quell’anno, accese sin da subito i cuori dei trepidanti tifosi blucerchiati. Aspettavamo tutti un nuovo messia e quel giovane bomber serbo sembrava essere ritagliato ad arte per interpretare il ruolo: numeri d’antologia ad ogni azione, goal confezionati con il compasso, uno stacco degno di uno stambecco e il piglio del leader.

Peccato. Peccato veramente perché dopo poche settimane dalla firma (di un quinquennale a prova di bomba) il ginocchio di questo idolo in pectore fece crack. Ma non un crack qualsiasi: avete presente quegli edifici vecchi e brutti che vengono minati ad arte per non ritrovare la parvenza di un mattone una volta dispersa la nube? Ecco! La giuntura del ragazzo divenne esattamente questo: un cumulo di macerie marcescenti e inutili a qualsiasi utilizzo futuro, un polverone di legamenti, muscoli e cartilagini ridotti a poltiglia.

L’avventura in blucerchiato del povero Jovicic iniziò così: una coppia di scintillanti stampelle ad accompagnarlo nei suoi primi passi in terra ligure e l’abbonamento “fedeltà” dall’ortopedico dell’Unione Calcio. Il termine giusto per il tempo che lo aspettava negli anni a venire sarebbe stato, purtroppo per lui e per noi, Calvario.

Ad onor del vero i tifosi blucerchiati, superato l’iniziale aggiornamento del calendario cristiano con l’aggiunta di titoli variopinti e suiformi ai nomi dei santi, lo adottarono amorevolmente. Forse per mantenere in fondo al cuore la flebile speranza di rivedere in campo il campione promesso ma mai ammirato o forse, più probabilmente, in quanto simbolo apotropaico di una non breve stagione di grandi sfortune che giusto allora stava iniziando.

Già perché dopo un’estate all’insegna del dolore, arrivò come un treno condotto dal Demonio la nefasta stagione millenovecentonovantotto/novantanove, quella di Spalletti-Platt-Veneri, quella di Trentalange-Ingesson-Simutenkov, quella della retrocessione. Jovicic finì in brevissimo tempo in un angolo buio, freddo e povero persino di critiche conosciuto ai più come “il dimenticatoio”.

Le stagioni successive divennero un tira e molla di illusioni a se stesso e ai tifosi: qualche partita giocata, spiccioli di goal segnati e anche qualche prodezza da far sospirare il pubblico. Tutto cancellato a stretto giro di posta da interventi chirurgici di entità variabile fra la semplice pulizia e la ricostruzione totale. Un ventenne con il ginocchio di Raimondo Vianello a fine carriera.

L’addio alla Sampdoria arrivò con l’inizio dell’era Garrone quando Novellino, deciso a traguardare la massima serie al primo tentativo utile, trova per lui una soluzione definitiva: l’addio. Dopo quattro anni, quarantanove presenze e 10 goal fra campionato e coppa Italia i colori blucerchiati e Zoran Jovicic si divisero per sempre.

Oggi Zoran, alla soglia dei quarantacinque anni, vive una seconda giovinezza come attrazione principale nel Circo Sportivo Statale della Municipalità di Belgrado. Dopo aver rinunciato alle cure, il suo ginocchio è divenuto una giuntura cardanica: Jovicic, ad oggi, è l’unico uomo che può calciare una palla con lo stesso piede in 360 direzioni diverse. Senza mai girarsi.

Nuovamente, allora, si potranno udire i sospiri carichi di rimpianto provenire da coloro i quali non si sono mai dimenticati di Zoran!

Autore

SampGeneration

Il blog della Sampdoria

1 commento

  1. Lo ricordo era fortissimo!!!!! Mi ricorda un altro fortissimo Dante Mircoli, tirava le puzioni da Dio. Anche lui arrivò con le articolazioni spappolate. Mircoli addirittura aveva una gamba più corta dell’altra. peccato!!!

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