Lo affermiamo senza alcun indugio: i nostri calciatori fanno difetto, oltre che di classe (molti persino di attributi), di una robusta quanto necessaria dose di motivazione.
Per elevarsi, per raggiungere un qualsiasi obbiettivo, occorre una forte carica motivazionale. Ai nostri undici (anti)eroi, metaforicamente e materialmente in braghette di tela, manca proprio questa spinta ulteriore, fondamentale per superare il pericoloso impasse da Brividi in cui ci troviamo.
Al Brancaleone di questa scalcinata Armata, poi, manca il giusto piglio per dosare carota e bastone, mancano, molto probabilmente, le parole giuste per proiettare i Suoi verso una salvifica vittoria.
Ci permettiamo, quindi, di consigliare al vetusto e stanco Delio-Brancaleone una serie di personaggi che potrebbero essergli da esempio nell’arduo compito di trasformare l’inefficace Barillà in un VERO giocatore di pallone o Er Saponetta-Da Costa in un portiere meritevole della giusta affidabilità.
Tony D’Amato, in questo senso, è il più famoso di tutti, citato prima di qualsivoglia partita, più o meno importante, dalla gara di curling inter-parrocchiale alla finale dei campionati mondiali: è il protagonista di “Ogni Maledetta Domenica” (Oliver Stone, 1999): il suo crescendo vocale, la mimica scarna ma efficacissima, uniti a parole tagliate per colpire nel segno trasformerebbero persino Eder da numero 23 a numero 10.
Ascoltando le sue parole capiamo come sabato (o forse prima ancora di sabato) siamo morti, sia individualmente sia come collettivo. Si tratta di una semplice constatazione dei fatti: neppure un centimetro è stato scalato, men che meno conquistato, ed è risultato subito evidente come nessuno in campo fosse disposto a spendersi per guadagnare spazio.
I cadaveri, si sa, non lottano più.
La storia del Cinema è piena di discorsi alla Tony D’Amato: i nostri patetici Soriano & Co. per risorgere dalle loro ceneri e (ri)imparare a combattere dovrebbero ascoltare gli echi di battaglie lontane, ma probabilmente questa marmaglia di imbelli non saprebbe trarre ispirazione neppure dai bunker dismessi sulle alture di Nervi…!
Massimo Decimo Meridio (a.k.a. ‘il Gladiatore’, Ridley Scott, 2000) saprebbe rendere appetibili i Campi Elisi persino ad uno spaurito Renan grazie ai suoi memorabili inni alla gloria tra i posteri.
L’Enrico V di Kenneth Branagh (1989) con le sue potenti citazioni shakespeariane farebbe correre come una lippa l’imberbe Regini rendendolo capace di trovare finalmente il cross vincente.
In queste pellicole si pronunciano parole che potrebbero essere MOLTO utili alla causa blucerchiata: unità, sacrificio per i propri compagni, abnegazione per la squadra. Il tutto condito da una abile regia e da una potente colonna sonora.
A noi di SampGeneration, però, piace pensare che il Regista&Condottiero adatto a questa nostra squadra di smidollati sia di tutt’altro tipo, forse meno epico ma sicuramente altrettanto efficace.
Stiamo pensando ad un personaggio come il marziale Sgt. Hartman (Full Metal Jacket, Stanley Kubrick, 1987): un indomabile, maledetto bastardo che potrebbe stampare una faccia da spietati guerriglieri anche sul volto di timide pecorelle come Eramo o Poulsen.
In quel nostro spogliatoio, in cui “i pezzi informi di materia organica anfibia comunemente detta merda” sono abbastanza numerosi, sarebbe l’uomo perfetto per raddrizzare qualche schiena dritta.
Si, ci piacerebbe molto vedere il Sergente Maggiore Hartman a spasso per Bogliasco con il suo cappello a tesa larga ben calcato in testa mentre fa volare a calci in culo le nostre undici reclute per chilometri e chilometri di boschi, magari includendo nella truppa anche alcuni dirigenti…
Un’ immagine appagante, non trovate…?!?
3 commenti
MERAVIGLIOSO!!
Ci vuole proprio un sergente di ferro che ricordi loro come ei gioca davvero in una squadra vincente!
Sperando di non fare la fine di “Palladilardo”……