Per quelli della nostra generazione si tratta di una figura formidabile, ai limiti del divino. Ci fece provare emozioni indescrivibili, forse irripetibili.
Oggi Paolo Mantovani avrebbe compiuto 85 anni (era nato il 9 aprile 1930 a Roma da famiglia originaria della Bassa padana). La sua scomparsa, avvenuta il 14 ottobre 1993 ha lasciato un grande vuoto alla Samp, ma anche nella città di Genova e nello sport italiano.
IL NOSTRO PRESIDENTE
Ricorda il figlio Enrico: “I primi assaggi di Sampdoria a casa nostra li portò la signora Gianna, la donna che stirava le camicie di mio padre. Abitava in Scalinata Montaldo e tutte le domeniche portava noi bambini allo stadio. Papà allora diceva di essere laziale, ma solo perché era nato a Roma. Non l’avevo mai visto tifare“.
Il primo impatto di Paolo Mantovani con la Samp fu nel 1973, quando divenne addetto stampa nel periodo di Glauco Lolli Ghetti; lasciò tre anni dopo, a causa di una brutta contestazione allo stadio. Non era il suo stile; più tardi, da presidente, riuscirà ad imporre la sua pacatezza ad un ambiente tutt’altro che sereno.
Nel 1979 divenne presidente, con la squadra boccheggiante a metà classifica in Serie B. Dopo i primi anni di assestamento (nello staff tecnico di quelle stagioni figura Giampiero Ventura in qualità di giovane preparatore atletico), la squadra riesce a tornare nella massima serie nel 1982 grazie agli investimenti del Presidente, all’abilità del direttore sportivo Claudio Nassi e del tecnico Renzo Ulivieri (nonché alle prodezze dell’enfant prodige Alviero Chiorri, discontinuo genio venuto da un altro pianeta).
Inizia quindi la scalata ai vertici del calcio nazionale ed europeo: tra il 1982 e il 1984 arrivano Mancini, Francis, Vierchowod, Bordon, Pari, Brady, Mannini, Vialli, Souness e il direttore sportivo Paolo Borea: saranno le basi dell’età dell’oro, che culminerà con lo Scudetto del ’91 e la finale di Coppa dei Campioni 1992 disputata a Wembley contro il Barcellona.
Nel mezzo, tre Coppe Italia (1985, 1988, 1989), una Supercoppa Italiana (1992) e una Coppa delle Coppe (1990), nonché tre finali di Supercoppa Italiana, una di Coppa delle Coppe (1989) e una di Supercoppa Europea (1990).
Altri uomini che caratterizzeranno la sua lunga stagione saranno: Dossena, Lombardo, Katanec, Cerezo, Pagliuca, Lanna, Salsano e Jugovic, fino ad arrivare agli ultimi fuochi, nientemeno che Gullit (il miglior Gullit della storia, per la precisione) e Platt, ingaggiati pochi mesi prima della scomparsa.
Successi sportivi, ma non solo: è stata sua l’idea del Torneo Ravano, primo esempio in Italia di manifestazione sportiva riservata alle scuole (la prima edizione si svolse esattamente trent’anni fa, nel 1985).
La sua scomparsa lasciò un vuoto enorme a Genova : ancora oggi moltissimi ricordano la cerimonia funebre, svoltasi nella chiesa di Santa Teresa in Albaro; alla presenza di migliaia di persone fu invitata a suonare, per espressa volontà di Paolo, una clamorosa jazz band di New Orleans, la Heritage Hall Marching Band).
Lasciò quattro figli: Francesca, Enrico (che prese il suo posto alla guida della società fino al 2000), Filippo (team manager nel 1995-96) e Ludovica. Ancora oggi la famiglia è legatissima alla squadra: di recente il suo intervento per permettere lo svolgimento del Ravano (dal 1994 ribattezzato Torneo Ravano – Coppa Mantovani in suo nome) dopo l’avvento di Ferrero, è stato determinante.
A Mantovani sono state intitolate due strade, una a Genova (alla Fiumara) e una a Roma, sua città natale (grazie all’interessamento di Roberto Martinelli, genovese e blucerchiato trapiantato nella capitale); a Bogliasco è stato posto in suo onore un altorilievo in bronzo raffigurante Mantovani ed i principali calciatori blucerchiati dell’epoca, la cui realizzazione è stata finanziata dai tifosi.
“Finché i tifosi della Sampdoria canteranno non ci saranno problemi per il futuro” – disse una volta Paolo.
E chi ama la squadra e il suo grande presidente, il più grande del calcio italiano, non smetterà di cantare per la Sampdoria.