Il grande tifoso blucerchiato Roberto C. ricorda Mariolino Corso e Pierino Prati, campioni di un’epoca d’oro, recentemente scoparsi.
Ci sono persone che pur non conosci direttamente e quando muoiono lasciano una scia indelebile come ricordo della loro grande vita e nel contempo si portano via una parte di te, un frammento importante della tua esistenza. Sono figure che hanno rappresentato momenti importanti specie nel periodo della nostra formazione. Rammento quando morì Steve McQueen.
Era il 7 novembre 1980 e non riuscivo a capacitarmi di come il mio grande idolo cinematografico non ci fosse più.
L’eroe di film epici come il Vin de “I magnifici sette” o l’immaginifico Capitano Virgil Hilts leggendario interprete del memorabile “La grande fuga” dove pare interpretare se stesso in quella sua vita così movimentata e abbastanza breve. Gli dedicai una poesia che fu pubblicata dal giornale per il quale scrivevo in quel tempo (Il Lavoro).
Anche nel mondo del calcio ci sono state icone splendenti che hanno caratterizzato periodi particolari il cui ricordo è così importante in questa nostra epoca che nel momento in cui si caratterizza nell’offerta “bulimica” al gran consumo, al tempo stesso si realizza in un appiattimento generale che lascia poco alla fantasia.
E si può senz’altro affermare che certi campioni, pur essendo bandiere delle proprie squadre, in effetti appartenevano a tutti noi proprio perché vivevano in quell’immaginario collettivo che derivava da un sentimento allargato a tutti quanti facevano del calcio un lido protetto del piacere, ad esempio quando tutti si tifava per le squadre italiane che partecipavano alla Coppa dei Campioni. Erano gli anni dell’Italia in bianco e nero che si ricordano con tanta simpatia per i successi del Milan di Nereo Rocco, il “Paron”, e della grande Inter di Helenio Herrera, il “Mago”.
In quelle immagini un po’ sbiadite dei trionfi nerazzurri ora mi commuovo rimirando la figura di Mario Corso, “Mariolino”, la grande ala sinistra che completava la filastrocca più famosa della storia del calcio “Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso.” – Sì definiva un’ ala per il numero sulla maglia ma in effetti era un calciatore atipico che si muoveva con il passo felpato sul terreno di gioco con quell’estro speciale che lo rendeva così particolare, diverso da tutti. La sua “foglia morta” su punizione ha un posto stabile nell’ideale museo delle mirabilie della storia del calcio. Quella più importante la fece “cadere”, all’8’ del primo tempo, sul Liverpool, a San Siro, il 12 maggio 1965 come primo tassello nella magica rimonta( 3- 0 ) in semifinale di Coppa. Così disse Gyula Mandi, commissario tecnico di Israele, il 15 ottobre 1961 quando l’Italia vinse in rimonta (4-2) con un doppietta nel finale di Mario Corso “Siamo stati bravi, ma ci ha battuti il piede sinistro di Dio”. E così fu per sempre. Di lui Massimo Moratti ha detto che “era l’unico calciatore che Pelè dichiaratamente avrebbe voluto nel suo Brasile, questo per far capire ai giovani la portata della classe del mio amico Mario…..anche mio padre lo adorava”.
Ora che anche lui se ne è andato prende sempre più forza in me la triste coscienza di un passato che si allarga a dismisura ed un presente che si restringe sempre più ormai quasi del tutto privo di quella materia di cui sono fatti gli eroi.
Addio Mariolino!
P.S. Una volta si diceva che era giunta una notizia appena dopo che il giornale era andato in macchina. E quindi devo aggiungerne un’altra molto triste. Se n’è andato anche Pierino Prati anche lui campione dell’epoca d’oro del calcio italiano. E sembra quasi che il destino abbia voluto pareggiare i conti tra le due squadre milanesi. Due campioni plurivincitori in Italia e in Europa nelle squadre allenate da mostri sacri come Herrera e Rocco. Quest’ultimo, quando lo vide arrivare vestito con i pantaloni a zampa d’elefante e “spettinato” in modo eccentrico, disse “Pensavo di aver preso un giocatore e non un cantante”. Ma si dovette ricredere in molte occasioni, soprattutto nella finale di Coppa dei Campioni il 28 maggio 1969 al Santiago Bernabeu di Madrid quando il Milan vinse (4-1) con una tripletta appunto di Prati (il quarto gol lo fece un giocatore proveniente dalla Sampdoria, Angelo Benedicto Sormani).
Anche per Pierino va il nostro ricordo sincero di tifosi “transportive” amanti del calcio autentico e di tutto ciò che di sentimentalmente ne deriva al di là dei colori di pura e personale appartenenza.