Con firme e sigilli in ceralacca, si è conclusa la telenovela del’estate 2013 legata alla cessione dell’Inter al magnate indonesiano Erik “Bonzo” Thohir, attivo nel campo dell’editoria (con un occhio di riguardo per quella a luci rosse) e azionista del DC United, disgraziato “eleven” di Washington, militante nella MLS.
Un Moratti commosso, più che altro perché ora riuscirà a trovare il tempo per far visita ad un dentista, dice ai microfoni, con il vocione morbido e strascicato, degno di un crooner: “Non so se resterò ancora alla guida dei nerazzurri”.
La qual cosa è invece auspicata da Thohir, che punta attualmente ad un morbido passaggio di proprietà e di poteri. L’indonesiano punta ad un passaggio soft-core, giusto per restare in tema di pornazzi in carta stampata, quelli di cui Thohir è indiscutibilmente un tycoon.
Dal canto suo, il nuovo azionista di maggioranza si dice “emozionato, eccitato da imprenditore, ma soprattutto da amante dello sport inteso come condivisione di valori”.. E tira in ballo persino la religione: “In Indonesia oggi si celebra l’Eid al-Adha, la festa musulmana del sacrificio. Speriamo che serva da benedizione”. Insolito accostamento per un implacabile pornomane. Ma ha detto proprio così.
Al di là del tentativo di ammantare di significati mistici il passaggio di proprietà di una società di calcio, l’ingresso di Thohir rappresenta una relativa novità nel calcio italiano. La presenza di oscuri capitali stranieri, infatti, è sempre stata una rarità: a memoria d’uomo, ricordiamo il Vicenza gestito da un fondo d’investimenti britannico con a capo la gabbianella Nicholas, figura simbolica che testimoniava la libertà, a metà degli anni ’90, in un periodo glorioso per l’ex Lanerossi.
In questa categoria dei capitali esteri rientra ovviamente la Roma, da un paio d’anni gestita da un manipolo di manager italoamericani con esiti incerti (anche se l’avvio di stagione dei giallorossi del Sergente Garcia fa ben sperare). E come dimenticare il famoso Gunther, pastore tedesco a capo del Gunther Group, che per un periodo parve intenzionato a rilevare la presidenza del Pisa Calcio? (o lo rilevò, non me lo ricordo, scusate tanto ma la mia testa ogni tanto va per i fatti suoi.. Bevo e sogno ad occhi aperti).
Ma pochi ricordano che anche la nostra Samp, per un breve periodo, usufruì di capitali stranieri: chi si ricorda dell’uomo d’affari svizzero Heinz-Peter “Barnum” Barandun? Un vero pataccaro del calcio!
Nel lontano 1994 tale personaggio acquistò il 39% delle azioni della società, la metà esatta della quota detenuta dai Mantovani. Barandun, più che un imprenditore, era un operatore finanziario specializzato in transazioni petrolifere. Nei primi anni ’80 conobbe Paolo Mantovani, emigrato momentaneamente in terra elvetica per motivi di salute (ma anche giudiziari, visto il coinvolgimento nel noto scandalo dei petroli, conclusosi peraltro con la piena assoluzione); i due diventano amici e, grazie alle conoscenze del petroliere e all’intelligenza del funzionario di banca, s’instaurò un proficuo rapporto di collaborazione: il fiuto per gli investimenti del finanziere svizzero era notorio. Come il sottoscritto fiuta la buona Barbera, egli fiutava buoni investimenti. Il suo ingresso era dettato dall’esigenza di recuperare capitali di investitori esteri, in un periodo ancora propizio per la Sampdoria, in vista della trasformazione delle società calcistiche in società per azioni a scopo di lucro.
Come andò a finire ? Nel 2001 Barandun decise, congiuntamente ai Mantovani, di vendere la propria quota, senza raggiungere l’obiettivo fissato sette anni prima. Da società di spessore europeo ed internazionale, la Samp era piombata in una difficile crisi tecnica e societaria, al punto da formare la squadra con prestiti e scarti delle società maggiori e mancare, per due stagioni consecutive, il ritorno nella massima serie. Solo l’intervento di Don Garrone, nel 2002, avrebbe impedito il quasi certo fallimento della società… Per quell’intervento, grazie Don Garrone figlio. Ora, però, scuci le palanche!
4 commenti
ma barandun non era il conte gran farabutt figlio di putt nei film di Fantozzi ?
ahahahah editorialista sei un mito
Io mi ricordo che con ‘sto Barandun avevano pure emesso un’obbligazione indicizzata (una specie di CCT) che dava un tasso d’interesse se nno ricordo male del 6% in caso di promozione in A (era il 99’00’) poi forse per non pagare perdemmo tutte la partite dal 3-3 con l’Atalanta in poi e in B ci restammo 4 anni…….fino all’avvento di chi conosciamo, Mr. “Short Arm”
Mi associo all’ultima frase: Garrone scuci le palanche!
“Io mi ricordo che con ‘sto Barandun avevano pure emesso un’obbligazione indicizzata (una specie di CCT) che dava un tasso d’interesse se nno ricordo male del 6% in caso di promozione in A (era il 99’00’) ”
Ah, però! Mamma mia! Chissà che successe in quel periodo alla Samp! Ho letto su un articolo dell’ epoca in cui si parla dell’ ingresso di Barandun che il passivo era di 500 milioni di lire. In 7 anni diventarono molti di più! Vabbé che all’ epoca schiupparono un sacco di società di calcio e anche negli ultimi anni non è che vada tanto meglio.
Il buon Thoir dopo manco 3 anni ha rivenduto! XD Chissà a che gli è servita l’ Inter. Cioè, è facile immaginare vari motivi e per questo meno quello specifico.