Così si intitolava un vecchio vhs, curato da Bruno Longhi e dedicato al numero 10 ad infinitum della Sampdoria.
Mancini è stato infatti l’anima ma anche il corpo della Samp per 15 anni, un campione fenomenale, che esordì in serie A ad appena 16 anni con la maglia del Bologna.
Resettiamo volutamente il suo addio problematico, che ha avuto conseguenze non felicissime sulla tifoseria e concentriamoci sul Bobby-gol calciatore.
Il numero 10 era un mostro. Ed è divertente riguardare alcuni filmati che girano in rete sul calcio di fine anni ’80 e primissimi anni ’90.
Era un calcio forse più semplice rispetto ai giorni nostri, fatto sovente di palla lunga e pedalare (ecco allora dove si è ispirato il Coach Zenga, che in quei tempi era un Fenomeno dei pali).
La Samp di Boskov ricercava spesso il gioco veloce delle sue frecce micidiali, Mancini, Vialli, ma anche Lombardo, che sulla fascia destra era un Dio.
Oppure palla lunga a cercare Roberto e poi l’invenzione del numero 10 era all’ordine del minuto.
Se si guardano questi video ormai d’antan ci si accorge all’istante che Mancini era un giocatore avanti di vent’anni: giocava tra le linee, univa tecnica sopraffina a velocità di gioco e visioni in campo illuminanti.
Negli anni maturò anche il senso del gol e per attaccamento alla maglia ed età si sentiva il cuore pulsante della nostra squadra, tanto che non erano insolite le sue sfuriate in campo verso i compagni, come se fosse un pater familias, tendente all’isteria ma pur sempre trascinatore.
Mancini, in blucerchiato, era lo spettacolo puro. Ed è significativa la frase detta dal Mancio da allenatore ormai affermato, vincente e pluri milionario. Qualche anno fa gli domandarono con quale ostinazione inseguisse la Champions League e quale fosse la sua voglia di alzarla al cielo. Roberto rispose così:
“E’ vero, la Champions League è la mia ossessione. Ma la finale persa con la Samp contro il Barcellona nel 1992 a Wembley è una ferita che non si potrà mai rimarginare. Per riuscirci, e chiudere definitivamente il cerchio, dovrei farlo solo sulla panchina della Sampdoria”.
E Paolo Mantovani, una ventina d’anni prima, racchiuse in poche parole il pensiero comune dei doriani, con la frase celebre in risposta alle voci di cessione sul numero 10.
“Ragazzi, se non vedo Mancini non mi diverto”.
Tanti auguri, Bobby Gol!
1 commento
Un ferita che continua a sanguinare per colpa del Numero Nove……..